barriere tampone

Mi manca il quotidiano corpo a corpo con la terra.

Mi manca la vanga e perfino quella perfida ed estenuante lotta contro le erbacce.

Perfino il solleone mi manca, quello che toglie il fiato come un’extrasistole.

Ma anche l’idea dell’inverno non è poi male.

Che fare?

Legna, pulire attrezzi e sistemare cose, buche, fare buche per trapiantare alberi. E anche il raccolto da soddisfazione: con cinque sei cavoli riempi una cassetta… in un attimo ti sembra di accumulare un tesoro. e poi iniziamo la raccolta del radicchio di Treviso tardivo.

Ma la cosa che ora mi attira di più è la realizzazione della barriera tampone, quella cosa per cui fai le buche nel terreno e ci pianti alberi. Un albero è quasi entusiasmante… perchè magari all’inizio è solo uno stecco insignificante di cui perfino ti dimentichi l’esistenza. Ma poi, nel giro di pochi anni, ti accorgi che quell’ albero diventa enormemente familiare. Ti cambia il paesaggio, ti cambia la prospettiva.  Impari a gioire della sua ombra, del suo benefico canto estivo allo spirare del vento.

Realizzare delle barriere di alberi fa enormemente bene alla terra. Non è solo l’humus che viene dalle foglie cadute, ma è anche il lavoro che fanno le radici e quello che fanno le fronde. E’ un sottile gioco di dialogo tra  terra aria acqua dove una barriera d’alberi vuol dire anche combattere la desertificazione… se poi una parte della barriera è fatta anche di alberi da frutta allora è proprio il massimo, la fusione del bello con l’utile con il buono..