Sempre di più mi avvicino al mondo della produzione agricola.
Sempre di più sono convinto, perchè lo vivo sulla mia esperienza e sulla mia pelle, che stiamo vivendo in un mondo dove la rappresentazione della realtà non corrisponde per nulla alla realtà.
Bravo!, mi dico, come se poi fossi io l’unico capace di cogliere queste differenze….
Ogni giorno mi scontro con il tema del biologico. Vado da un qualche produttore e gli chiedo… ma questo è marchiato bio? e sempre di più mi sento rispondere da produttore: ma che c..avolo! lo era fino all’altr’anno. Quest’anno non lo marchio! Carte! Carte! carte! …
Obietto: hai ragione… ma il mercato?!…
Notte insonne… alla fine leggo:
“esisteva un vecchio conflitto tra l’agricoltura chimico-industriale e quella biologica. Ora ne sta emergendo uno nuovo tra agricoltura autenticamente biologica, che si basa su piccole fattorie biodiverse, e una pseudobiologica, basata sulle monoculture di grandi fattorie che producono per l’esportazione. L’autentica agricoltura biologica è fondata sulle biodiversità, sulle piccole fattorie familiari, sui mercati locali e sul commercio equo. L’agricoltura biologica è emersa come sistema alternativo all’agricoltura industriale che distruggeva la biodiversità, inquinava gli ecosistemi e gli alimenti con prodotti agrochimici, sradicava e rimuoveva i piccoli coltivatori e insidiava i mercati locali sovvenzionando la catena del trasporto sulla lunga distanza.
L’agricoltura pseudobiologica annienta le piccole fattorie e sradica le piccole conunità agricole per creare gradi fattorie industriali destinate all’esportazione, dove i contadini sono considerati operai e servi invece che produttori autonomi. E’ fondata sull’annullamento della biodiversità e sulla creazione di monoculture. Non rispetta i processi ecologici essenziali del rinnovamento della fertilità del suolo, del ricambio dell’acqua e della biodiversità. Si limita a sostiuire gli apporti chimici con apporti ‘biologici’. Questa è una sostituzione, non è agroecologia.”
Vandana Shiva – ritorno alla terra – Roma 2009 – pag. 200.
ecco appunto. parlavo pochi giorni fa con un rivenditore di kamut, mi diceva che vendeva il kamut a una ditta che fa biscotti.. gli chiesi dove prendeva la farina.. mah.. da Padova! si.. ok.. ma da dove viene? eh.. temporeggia.. mi guarda e assieme diciamo Canada! e alcuni stati USA. bene..ma io chiedo come mai questa cosa non si sappia assolutamente, 9 consumatori su 10 di kamut è convinto venga da delle piccole fattorie delle nostre campagne, magari un pò in collina.. forse con un bel mulino tipo mulino bianco e una giovane coppia pure tendente al fricchettone che vendono a un giusto prezzo il loro grano antico, del faraone. eh no.. chi lo produce è una grossissima multinazionale americana che produce tutto tra canada e usa. tutto BIOLOGICO. eh beh.. chiaro. lo faccio notare al rivenditore che ho di fronte che mi sente un pò infastidito.. biologico? chissà che rotazione delle colture fanno.. e poi me lo vedo.. il patron della kamut corporation che rovescia container di cocinelle perchè ha trovato degli afidi in 10 ettari del suo appezzamento che produce kamut per tutto il mondo. e parliamo di monocoltura mi pare. in estensioni di centinaia di migliaia di ettari a monocoltura come si può parlare di biodiversità? bah.. son sempre stato dubbioso del troppo grande in particolare quando sono multinazionali..e non so che pensare quando tutte le riviste di ecologia sono zeppe di pubblicità relative a tale varietà di grano.
Anch’io penso che la Kamut inc. non possa produrre, di fatto, un grano biologico, se non altro proprio per quello che dici anche tu: il bio fatto come monocultura intensiva è una contraddizione in termini. Ma poi pensa a questi soggetti che si impadroniscono di un seme antico e impediscono a tutti gli altri di riprodurlo. E’ come diventare proprietari dell’aria… Chi sottrae i semi ai coltivatori sottrae cultura, conoscenza e soprattutto rende i produttori dei semplici salariati privi di ogni conoscenza e competenza….
[…] che un po’ provocatore lo sono, molte volte chiedo “perchè biologico?“, e mi sento rispondere, il più delle volte, che i prodotti biologici sono più sani. Forse […]