Intolleranze alimentari e la Saragolla

Quando avevo 8 anni, era il 1960, andammo,  con la mia famiglia, ospiti di una vecchia pro-zia a Torino.

Di quel viaggio ricordo soprattutto alcune “stamberie” di questa nostra parente che all’epoca era già pensionata e che oramai ci ha lasciato da alcuni decenni.

Secondo noi un po’ se la “tirava” lei che, nata nel diciannovesimo secolo, era una delle poche donne laureate, che per tutta la vita aveva insegnato nei più prestigiosi licei torinesi e che vantava conoscenze altolocate….e poi era rimasta “signorina” a tutti gli effetti…ma soprattutto quello che era una particolarità ritenuta da noi del tutto snob era questo suo vezzo di essere “intollerante” ai latticini… latte, formaggio, burro e quant’altro erano rigorosamente banditi dalla sua tavola…

Cioè, la sensazione che ne riportai era il fatto che le intolleranze, all’epoca era un fenomeno molto ma molto raro… Vero è che forse non c’era molta attenzione al problema e il “nesso di causalità” non era così evidente. Infatti la sintomatologia delle intolleranze non è poi così evidente come non è conosciuto un medoto oggettivo (un test) in grado di trovare la causa di alcuni sintomi che una persona prova… gonfiore di stomaco, stipsi, irritazioni epidermiche, cefalee, e via dicendo… da cosa derivano?

Forse una volta tutto questo avveniva e non ci si preoccupava di conosce da cosa questo derivasse…Però sta di fatto che sempre di più, intorno a noi e tra noi, riscontriamo che molte persone hanno una qualche intolleranza. Ai latticini, al frumento, alle uova, a una moltitudine di cose crostacei, pomodori, pesche, lieviti, vino, birra… un po’ quello che succede con le allergie…

Sto parlando di quella tipologia di disturbi che non hanno rilievo “enzimatico” quali la celiachia, che è una vera e propria allergia e che è riscontrabile con esami clinici specifici…

Le intolleranze alimentari sono ancor oggi abbastanza sconosciute. Non esistono test certi per scoprirle, non esistono rimedi certi, non se ne conosce cause ed effetti precisi. Questo, almeno è quanto emerge da una ricerca che ho fatto su internet cercando di capire di cosa si tratti quando si parla di Intolleranze…

Resta comunque il fatto che oggi le intolleranze alimentari sono in grande crescita. Succede che, mentre stai in un qualche mercatino in giro per il Veneto, qualcuno ti racconti la sua storia di intollerante…. e molte volte il racconto è simile: mi hanno scoperto una intolleranza al frumento… eppure io ho sempre mangiato pasta… io vado matto per la pasta… ma poi ho cominciato ad avere gonfiore di stomaco, eritema, male di qua e male di là… e il mio dottore ha detto che è intolleranza… adesso per due mesi non posso mangiare pane, pasta, biscotti…  oppure arrivano altre persone che hanno gia “scoperto” l’origine dei loro disturbi e sanno che possono mangiare solo farro e Kamut, ma nessuna altra farina…

Secondo alcuni, ed io, per quanto ne sappia e ne capisca (ed è poca cosa..) sono tra questi, molte delle intolleranze alimentari derivano dal fatto che il cibo è in vari modi “trattato”, modificato dalla produzione industriale che subordina la naturalezza delle cose ad esigenze produttive.

La saragolla, per esempio, è un grano antico. Quella che distribuiamo noi è prodotta in Abruzzo in quantità molto limitata. Esistono sicuramente altri produttori in giro per il sud d’Italia, ma è un grano oramai raro perchè è stato “rimpiazzato” da grani ibridi più produttivi frutto delle manipolazioni fatte dalle industrie sementiere.. La saragolla è del tutto simile al Kamut che è semplicemente un marchio registrato di un seme antico che stava, fin dall’epoca degli antichi Egizi, in gran parte del bacino del mediterraneo….

Riscoprire questo grano ( a parte alcuni errori di pastificazione che ancora succedono in queste produzioni artigianali) è comunque un esperienza gustativa unica ed interessante..e i miei migliori clienti sono quelli che, con diffidenza, lo hanno provato sebbene fossero intolleranti al frumento…

Ottimo anche il pane di saragolla.. A casa mia sono ormai due anni che lo mangiamo e tutti, in casa, lo riteniamo il “migliore”.