Quando si percorrono le stradine della Val d’Itria tra muri a secco e i filari di olivi secolari, nei mesi tra novembre e febbraio, si nota che in alcuni poderi, ai piedi delle piante, sono stese le reti per la raccolta delle olive. Stanno là, in attesa he il tempo, il vento, la pioggia faccia cadere i frutti… e li si lascia là per un tot di tempo che, mi dicono può essere una settimana o anche un mese….
intanto il frutto, già ampiamente maturo al momento della sua caduta, inizia un processo inevitabile di marcescenza… alla fine, quando il proprietario andrà a portare l’olio al frantoio otterrà un prodotto di pessima qualità. Avrà un olio molto acido che per definizione non potrà essere classificato come olio extra vergine di oliva, in quanto supera il massimo grado di acidità consentita che è pari allo 0,8.
Molti pugliesi si fanno l’olio così e questo perchè effettivamente i costi della raccolta sono troppo alti. Capita a volte che qualcuno ti faccia assaggiare “il suo olio”. E’ un momento duro… perchè loro sono abituati a quel gusto pesante.
Anche quello che confina con la terra di Paola e Grazia fanno l’olio in questo modo e ogni tanto ci regalano una bottiglia in cambio del fatto che li lasciamo prendere le olive che stanno al confine tra le due proprietà. Ti aspetteresti di prendere un prodotto sano ed invece hai la triste conferma che le olive o le raccogli dierettamente dall’albero mentre sono nella prima parte della maturazione (ancora in prevalenza verdi) oppure vai incontro ad un olio pessimo e per niente potabile.
Quelli che hanno piccoli fondi si fanno così l’olio di casa… trenta quaranta litri e se lo consumano.
Poi ci sono quelli che vendono (ma sono sempre più rari) ad altre aziende il raccolto sulla pianta…. e qua nasce un prodotto che te lo raccomando… senza l’aiuto della chimica diventa immangiabile… ma questo è proprio quello che le grandi aziende comprano per due lire….ed è una parte dell’olio che ci ritroviamo nelle offerte del supermercato….
Non è finita. Mi sposto sul terreno della società Donna Gnora srl. Sono 4200 metri quadri con una cinquantina di piante…. tutt’attorno ci sono almeno una decina di piccole proprietà attorno all’ettaro di estensione ognuna con almeno un centinaio di pinate di olivo. Alcune sono veramente belle e cariche di frutti che a me verrebbe voglia di raccolierle…. ma stanno là, a cadere… parlo con i vicini e chiedo perchè lasciano andare così le cose… eh, mi dicono, non vale la pena. Raccolgierle costa molto di più di quello che si spende tra la raccolta e la molitura….
e questo è tutto… è come dare un calcio al regalo che queste piante ci fanno…
Ai primi di novembre io e Lucia, qualche volta le ragazze, prendiamo sempre qualche giorno di vacanza, andiamo a trovare Babi e Mau in Toscana. Ci siamo conosciuti tanti anni fa quando Babi è venuta da noi a fare una sostituzione di maternità ad una collega di Lucia in ospedale.
Da allora non abbiamo mai smesso di scriverci, telefonarci (a chi piace) e frequentarci.
Passiamo due o tre giornate fitte fitte a staccare olive dalle piante, con tutta la loro famiglia, a chiacchierare, facendoci massaggiare le orecchie dalla parlata toscana. La sera si porta l’olio al frantoio che lavora le “nostre” olive su appuntamento. Torniamo a casa con un prodotto eccezionale, per noi e per gli amici. Che paghiamo anche più caro di quanto siamo solitamente abituati a fare ma usiamo solo “a crudo”, con la stessa parsimonia che usa il vescovo per il crisma rituale.
Tornati a casa le nostre mani per un paio di giorni sono ancora lisce e vellutate … come l’olio e noi portiamo con noi il ricordo del piacere della raccolta e della sincera convivialità dell’amicizia.