Il 17 giugno è la giornata mondiale contro la desertificazione della terra. Per chi volesse potrebbe buttare l’occhio sul sito dell’ISPRA a questo link (https://www.isprambiente.gov.it/it/news/giornata-della-desertificazione-e-della-siccita-2024).
Per chi conosce le lingue potrebbe essere interessante anche dare un occhiata al sito dell’ONU dedicato alla questione. https://www.unccd.int/news-stories/press-releases/silent-demise-vast-rangelands-threatens-climate-food-wellbeing-billions.
A scorrere internet, dopo aver digitato “desertificazione” ci si accorge che esistono decine e decine di studi e di analisi molto dettagliate e tragicamente paurose come solo certe cose complicate riescono ad essere.
Ci passo ore.
Poi abbandono l’argomento perché mi trovo impreparato e sperduto.
Penso a quello che è il nostro dibattito usuale sulle condizioni del clima, delle stagioni, dell’impoverimento del terreno, della perdita di produttività, degli effetti delle concimazioni chimiche, dell’uso di diserbanti e di anticrittogamici… Noi andiamo a naso.
Il nostro mondo è fatto di opinioni, di credenze, di atti di fede. Alle nostre impressioni si contrappongono quelle di tanti altri che hanno opinioni diverse, sensazioni differenti… ricordi e sentito dire che stanno in piedi perché ognuno è libero di dire e pensare quello che vuole o che più gli conviene.
Così, in questi giorni tristi di campagna elettorale, mi è capitato di sentire un sermoncino di un politico che inveiva contro l’Europa perché questa sordida matrigna voleva imporre agli agricoltori di ridurre la superficie coltivata. Anatema! Vogliono impoverire gli agricoltori, vogliono comandare in casa nostra, vogliono condizionare l’erogazione dei contributi ai loro interessi, sono asserviti alle follie dei Verdi!
Di cosa stiamo parlando?
Da molti secoli chi coltiva la terra ha scoperto che è bene ruotare le coltivazioni. Sia che si tratti di cereali che verdure che legumi è sempre conveniente modificare ogni anno il tipo di coltura che si pratica in un dato terreno. Questa tecnica agraria riduce l’impoverimento del terreno, le infestazioni di parassiti e di piante infestanti.
Ma non solo rotazione. Già a partire dal settimo secolo d.C. si era scoperto che era conveniente introdurre nella rotazione delle colture anche un periodo di sosta. Ogni anno si lasciava una parte di terreno incolto per permetterne la rigenerazione. E il paesaggio agricolo era ricco di siepi, filari di alberi, di boschetti e zone di accumulo di acqua.. Dopo la second guerra mondiale, grazie alla conversione dell’industria bellica in industria di produzione di fertilizzanti chimici il paesaggio agricolo cambia notevolmente. Non più alberi, siepi, fossati, ma estensioni agricole uniformi. Non un albero, non una siepe. Tutto libero per consentire il felice correre di trattori e macchine agricole in grado di coltivare ogni singolo metro del fondo.
Ed eccoci all’ oggi. Dove si scoprono gli effetti nocivi di questa tecnica di produzione. Dilavamento dei terreni, riduzione dello strato di humus, impoverimento produttivo e processi di desertificazione. Fatti che incidono inevitabilmente non solo sulla produzione ma anche sull’impoverimento organico del terreno e sull’aumento della emergenza climatica.
In qualche modo la Comunità europea si era prefissata l’obiettivo di restituire alla natura almeno il 20% dei terreni e delle superfici marine entro il 2030. Quest’obiettivo era articolato incidendo anche sui terreni agricoli creando al loro interno piccole oasi di biodiversità cioè di aree lasciate a siepi, erbe spontanee, fiori melliferi. In origine era previsto che le are incolte fossero del 7%. Poi, visto le proteste degli agricoltori la percentuale di aree dedicate alla biodiversità è passata al 4% e alla fine tutto si è ridotto ad una sospensione del provvedimento.
Ma gli agricoltori moderni, produttori di monocolture grazie a concimi e diserbanti chimici, protestano contro l’Europa che vuole ripristinate delle aree naturali e ridurre l’ impatto inquinante della produzione monocolturale.
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