“Poni la tua fiducia nei cinque centimetri di humus
Che crescono sotto gli alberi ogni mille anni.”
( da “Wendell Berry -Manifesto del contadino impazzito”)
Da quando seguo la terra in qualità di coltivatore ho imparato che “il tempo” merita una attenzione fondamentale. Parlo del tempo meteorologico, quello che una volta si guardava scrutando il cielo, annusando l’aria, ascoltando i suoni, distinguendo i venti, interpretando i segnali del proprio corpo e di quello che ci stava attorno: il volo degli uccelli, le cime degli alberi, il movimento delle mosche e delle formiche. Oggi si guarda in modo spasmodico il meteo sul cellulare restando sistematicamente irretiti da previsioni troppo spesso fallaci, ma che si aggiornano in tempo reale, si correggono e non lasciano traccia del loro errore.
Nel mio mondo il tempo è di vitale importanza. Tanto per fare un esempio: un martedì qualsiasi di primavera è prevista pioggia. Potete star sicuri che l’attività principale dei contadini, il lunedì precedente, sarà quella di seminare o trapiantare nella speranza che cada una pioggia leggera, costante, insistente che vada ad insinuarsi benevola dentro la terra soffice perché fresata di fresco. Ma se solo tre giorni fa avessi saputo che veniva giù tanta di quell’acqua quanta ne è caduta in questi giorni di un maggio antartico, non avrei seminato quello che ho seminato perché temo che il mio lavoro sia stato inutile, sommerso dalla benedetta acqua che è caduta da un cielo ancora pesante che minaccia di continuare nel prossimo futuro il suo pianto disperato.
Ed ecco comparire all’orizzonte il saggio: alla faccia della desertificazione! Perché noi siamo esseri deboli, un tantino presuntuosi e tanto, tanto confusi. La mia risposta irrazionale ed istintiva a questo clima sarebbe quella di scendere in piazza e protestare contro non so chi, ma ci starebbe proprio una bella manifestazione contro la pioggia oggi e contro la siccità domani. (e se accadesse troveremmo subito qualcuno con una bandiera o una simbolo religioso pronto a prendere la testa del corteo…)
Eppure quello a cui stiamo assistendo è un fenomeno complesso che ha a che fare certo con le modificazioni climatiche ma anche con quella strana cosa che è la desertificazione che delle modificazioni climatiche è causa ed effetto allo stesso tempo. Sotto il nome di desertificazione passa un concetto che non riguarda solo il fenomeno della siccità, ma anche la progressiva distruzione dello strato di humus che dovrebbe costituire i primi 15 centimetri superficiali del terreno, ossia quello strato ricco e particolarmente fertile e nel quale avvengono prevalentemente i sorprendenti fenomeni di scambio che sono all’origine della salute delle piante e che nascondono un mondo enormemente popolato da miliardi di specie di microrganismi, insetti e biodiversità varia.
Noi, nella nostra ricca e fertile pianura padana, non siamo per nulla consapevoli della fortuna che abbiamo e ancor meno siamo consapevoli di quanto contribuiamo a distruggere il nostro benessere. La cura della terra dovrebbe essere il primo interesse di chi coltiva e di chi trae la propria sussistenza dalla terra. Ma così non è. Quando vedete uno splendido trattore dotato di potente vomere rigirare la terra sopra/sotto solcando il suolo a 40 – 50 centimetri di profondità, state assistendo ad un fenomeno che ha molto a che fare con la crescita del futuro deserto.
Non sarà domani, ma stiamo togliendo la materia prima ai nostri nipoti e stiamo dando una mano ulteriore alla crisi idrica. Così facendo, nel nome della produzione e dello sviluppo, ci stiamo letteralmente tagliando le risorse del domani.
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