contadini fornai

Dunque io, sotto sotto, coltivo un sogno. Non è detto che debba proprio essere io a realizzarlo, sia chiaro, però l’idea mi acchiappa molto. I contadini fornai sono una realtà francese e potrebbe, anzi “dovrebbe” , essere una di quelle cose che dovremmo imparare a fare anche da noi.

Cioè costruire una sorta di associazione, con un disciplinare autoregolato, che in qualche modo raggruppi chi produce il grano, il proprio grano, lo conserva, lo macina e lo panifica.

Cioè quando di parla di tracciabilità del prodotto alimentare, secondo la nostra legislazione, si  parla di aria fritta. Se io sono una azienda agricola e compro tre tonnellate di pomodoro, trattato con tutta la chimica del mondo, nutrito con iniezioni di peste bubbonica e  di scorbuto, gonfiato con steroidi anabolizzanti, fiale di cortisone tritate, omogeneizzati plasmon e quanto di peggio esista al mondo, e poi, con la faccia rubizza del contadino mi metto a venderla a lato del mio campo di terra, posso tranquillamente sostenere di aver prodotto tutto quel ben di dio nel mio bel campo dove si concima solo con puro stallatico di mucca selvaggia, e dove la lotta ai parassiti la si fa esclusivamente a mano, catturando gli afidi e rieducandoli in campi di formazione dove gli si insegna a lottare contro l’oidio (cosidetto mal bianco, fungo che aggredisce una quantità enorme di piante, da pomodoro , alle viti, dal melo al peperone, da questo a quello). Insomma, se si debbono raccontare favole, siamo buoni tutti….

In realtà la pratica deel contadino fornaio è ben altra. Cioè quello che “muove” il contadino fornaio è una altra dimensione. Si tratta di un processo prima di tutto di cultura. Ci si appropria dell’intero sistema produttivo che fa dalla selezione del seme, alla semina e alla difesa dello stesso secondo principi che sono opposti a quello della agricoltura chimica, per poi arrivare alla raccolta, ai metodi di conservazione del grano, al sistema di molitura, alla panificazione attraverso l’uso di pasta madre, alla lievitazione naturale e alla cottura in forno a legna.

Per chi non ci ha provato tutto questo può sembrare poco interessante. A me che ormai da anni faccio il pane in casa usando farine provenienti da semi antichi,  e utilizzando la mia pasta madre, arrivare a fare direttamente il grano è un punto quasi necessario.

Riuscire a trovare dei semi antichi – selezionati nel corso degli anni dove mi è possibile seminare è altrettanto esaltante. Il punto è questo: se non voglio usare anti parassitari, se non  voglio concimare chimicamente i campi, allora la scelta è invitabile e di tratta di trovare quelle sementi che i contadini di prima dell’ultima guerra avevano utilizzato e selezionato per le nostre terre. Quei semi sono sicuramente i più resistenti alle malattie e i meno bisognosi di concimazione chimica.

Tanto per capirci riporto un brano di un interessantissimo articolo di Daniel Julien sui contadini fornai,  inserito nel volume “Agricoltura è disegnare il cielo” edito da Libreria Editrice Fiorentina.

“Le <varietà> moderne dei grani panificabili hanno grandi esigenze in termini di protezione per via chimica, che obbligano gli agricoltori ad una copertura fitosanitaria assoluta, ma notoriamente tossica e inquinante per i terreni, l’acqua, l’aria, l’alimentazione, l’ambiente naturale in generale ma… anche per gli agricoltori e le loro famiglie. In più per esprimere la loro potenzialità queste varietà moderne hanno bisogno di concimi chimici di cui si conosce anche la destinazione finale, cioè di finire in falda. Come soddisfare i bisogni della popolazione di disporre di un’acqua potabile per tutti?

Infine, la selezione dei grani fatta nell’interesse dei panifici industriali ha provocato un aumento del potere di lievitazione della farina che si è accompagnato a cambiamenti significativi delle caratteristiche dei glutini. LA dimensione molecolare di questi composti, nettamente più grande che nei grani antichi, permette l’impastatura meccanica, ma sembra provocare dei problemi all’apparato digestivo dell’essere umano.

Così, dopo aver provocato la sparizione di una moltitudine di grani locali, questa ideologia progressista industriale ha distrutto un certo numero di qualità dietetiche del grano semplicemente per migliorare le qualità tecnologiche della farina alle lavorazioni meccaniche. “

A proposito della macina l’articolo citato continua:

oggi la macinazione a cilindri è praticamente l’unica tecnica usata dall’industria molitoria…. i cilindri laminano il germe e la  crusca che saranno così separabili facilmente dal setaccio e formeranno ciò che viene chiamato i resti. E’ impossibile per un mulino a cilindri fabbricare farina integrale. Questo è infatti ricostruita dal mugnaio a cilindri, che incorpora alla farina bianca una parte dei resti e principalmnete la crusca grossolana, il che provoca gli inconvenienti dietetici dovuti all’ acido fitico contenuto nella crusca il quale, durante la digestione, rende difficile l’assorbimento di certi oligoelementi.

Dunque, per ciò che riguarda la molitura con i cilindri, altre al germe che non può essere incorporato nella farina, vengono perdute anche le proteine che aderiscono alla glumella esterna del grano. Si ottiene perciò all’uscita una farina in gran parte sprovvista di enzimi utili alla trasformazione dei glucidi e dei minarali in substrato assimilabili dai micro. organismi del lievito, che quindi mancano durante  la panificazione. Quindi questi enzimi saranno anche assenti nel tubo digerente umano e non potranno dunque aiutare la digestione. Da parte sua la crusca reincorporata, essendo stata solo schiacciata e non macinata dalle mole, non può più liberare gl ienzimi in questione. Invece gli effetti negativi dell’acido fitico che la crusca contiene saranno sempre presenti.”

ma non finisce qua….