Caldo, nevvero?
Mentre scrivo, oggi 26 agosto alle ore 20, facciamo 30 gradi. Mica pochi in relazione all’ora e al fatto che siamo alla fine di agosto, periodo che di solito comincia a destabilizzarsi verso un clima più fresco.
Sono stato in campo fino a poco fa ed ora cerco un po’ di ristoro in una birra bella fresca, ma, tanto per cambiare, secerno sudore…
Non voglio aprire il libro delle lamentele sulle modificazioni climatiche ma è inevitabile raccontare quello che constato di persona e che condiviso con tutti quelli che lavorano la terra.
Una brutta stagione quella che oramai lasciamo alle spalle, almeno in senso produttivo… poco raccolto, piante sofferenti… non so se questo sia legato al caldo, lo sospetto fortemente. Mi affido alla mia percezione. Perchè le melanzane non fanno fiori e quei pochi che fanno molto spesso cadono? Perchè la bieta, cosa che non mi era mai successo prima, reclina il capo e sembra suicidarsi dalla disperazione? Ora, giustamente, esagero. Ma chi ha in campo una bella produzione di cetrioli o si può dire soddisfatto della raccolta delle zucchine? Personalmente mi devo consolare solo guardando ai peperoncini: belli, tanti, rosso fuoco e piccanti da paura! E i fagioli? Quale produttore può chiamarsi soddisfatto? C’è chi ha fatto ben tre semine per raccogliere, alla fine, proprio nulla. Zero assoluto e il seme costa sempre di più. Su questa cosa dei costi dei semi e della loro qualità bisogna che ci torniamo prossimamente perché qualcosa sembra essere cambiato, ovviamente in negativo.
E nonostante tutte questi fatti che costituiscono la premessa, quando è stato il momento dei trapianti invernali, con la solita ostinazione del bicchiere mezzo pieno, siamo tutti corsi a seminare e trapiantare ogni bendidio….
Tutta la famiglia delle crocifere (cavoli in tutte le declinazioni) biete, radicchi, finocchi, indivie, e via, sempre di più perché in qualche modo si spera di recuperare le perdite estive…e via, sempre coltivando la speranza.
C’è un aspetto che esula dal racconto di quello che avviene in campo e coinvolge a vario titolo altri aspetti ben più pregnanti della vita del contadino di oggi. Sempre più spesso, ragionando, si percepisce l’incertezza del futuro. Ad essere razionali non c’è storia: cercati un altro lavoro..perchè qui le cose sono destinate a peggiorare.
Alcuni studi ipotizzano una crescita della temperatura, per le nostre zone di 6, 7 gradi entro il 2060. Altri studi, legando le modificazioni climatiche all’inversione della corrente del golfo, ci parlano addirittura di un quadro del tutto opposto, ossia ad una glaciazione simile a quella che successe qualcosa come 20 mila anni fa.
Ma non c’è uno studio che ci tranquillizzi. Il clima è sconvolto e, in un verso o in un altro, il futuro non è dei migliori. E quindi? Quindi sarebbe comunque cosa buona e giusta cercare di affrontare il futuro trovando soluzioni che ti rendano la vita meno dura.
D’altro canto chi lavora la terra, e lo fa mosso da una passione che la vecchia Giannina sintetizzava nella frase “xè el lavoro più beo del mondo”, è per sua natura propenso ad osservare le minuterie del suo campo e a vedere cosa succede “se”.
Se trapiantiamo i porri 15 giorni dopo cosa succede? ( perché la legge ferrea delle nostre parti ci dice che i porri vanno messi a dimora prima che arrivi agosto)
e se proviamo a piantare i fagioli ad agosto magari creando un letto di torba ( da noi la seconda semina di fagioli va fatta entro luglio al più tardi ) e via di seguito, in un continuo alternarsi di tentativi perché, alla fine, noi abbiamo una incrollabile fiducia nelle risorse della terra…
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