Arturo ed io stavamo mangiando un panino assieme dopo un anno che non ci vedevamo.
Ad un certo punto lui mi chiede di che cosa sto facendo adesso… e così, tra un boccone e l’altro, gli racconto delle mie scoperte sul mercato, sui meccanismo dei prezzi, sulla sistematica distruzione della piccola proprietà contadina eccetera eccetera…. gli racconto del grano ibridato e della distruzione dei semi “antichi”…
E quando attacco con questo racconto sempre di più mi appassiono e divento forse troppo torrenziale….
a un certo punto lui mi interrompe e mi chiede a bruciapelo: “cosa dobbiamo fare contro questo? perchè se le cose stanno così bisogna lottare contro!…”
Da Arturo questo non me l’aspettavo. Lui non è storicamente incline al “lottare contro”. Per carattere, per posizione sociale, per cultura lui non è particolarmente incline alla lotta. Ma la sua uscita mi lascia senza parole perchè nella mia fantasia scorrono scene di striscioni, servizi d’ordine, slogan contro le multinazionali dell’alimentazione…. picchetti, scontri con la polizia,manifestazioni conto la Nestlè, l’Unilever, la Philip morris, Coca Cola, Del Monte e compagnia cantante…
Immagino tutto questo e vengo preso dalla sensazione di un “già visto” di un qualcosa che poi alla fine si avvita su se stesso e finisce dentro ad un supermercato con il carrello straboccante di pasta Barilla, di caffè slendid, di gelati algida, di tonno nostromo, di pelati cirio e via dicendo Tutta roba locale, nostrana, quantomeno italiana… o no?!
Li per li ad Arturo no so dare una risposta. Non ho alcuna idea precisa di che cosa voglia dire “lottare contro” questo sistema di distribuzione…e la sua frase mi rimane impigliata dentro una qualche sinapsi del mio cervello…
Ma ora mi è abbastanza chiaro che l’unica forma vera di lotta contro le multinazionali dell’alimentazione, dell’agroindustria, della distribuzione non è che riappropriarsi della propria alimentazione, divenire consapevoli di quello che mettiamo in bocca e acquistare direttamente dai piccoli produttori che troviamo e di cui conosciamo la storia…
Abbandonare i supermercati! ne guadagnamo di salute e di sapore… che poi non è che la conclusione logica del fatto che “mangiare è un atto politico”
Caro Marco, ricordo una conversazione simile avuta con un amico che non vedevo da circa un anno. Sono d’accordo: “mangiare è un atto politico” -aggiungo- come “guardare, sentire, toccare …..” ossia, come tutto ciò che da l’esterno entra all’interno (e non far lavorare troppo la fantasia). Per sintetizzare al massimo, ti scrivo una catena di associazioni molto personali di frasi e parole che non so dove porti: purè- meglio il Deb (faccio prima)- mamma, che schifo il purè di patate vere- è bello riempire il carrello e spendere 50 euro- piazzale roma= cassetta verdura/fatica e tanto tempo- Prinx sotto casa- 5 rosette 2euro- risparmio>sano- subito>sano- gusto= boh?- pigrizia>salute- aiuto! sto male- se ci pensavo prima- oggi cambio, anzi stasera.
Come puoi notare anch’io come Arturo, sono storicamente poco incline alla lotta, purtroppo preferisco le passeggiate spensierate.
condivido con te la preferenza delle passeggiate spensierate alle asprezze della lotta.
Però non scorgo particolari similitudini tra te e Arturo… lui è fine degustatore di “tavernello” mentre mi pare di ricordare che dalle tue parti scorra ben altra qualità di bibita… anche se cerchi di nasconderti dietro il Prinx sotto casa…. ben altro si mangia chez toi….
ringrazio per il commento e un caro saluto