Una quindicina di minuti di pioggia torrenziale sono bastati a mettere in crisi uno dei luoghi più belli d’Italia… siamo dalle parti di La Spezia, e più esattamente alla Cinque Terre. Terreni che franano, masse di fango che invadono case, spostano auto come fossero di carta, fanno crollare ponti e strade. Così al La Spezia, così a Genova, così a Massa Carrara…Morti, dispersi, danni materiali, ma anche morali, di quella popolazione che si chiede perchè in un attimo tutto vada distrutto… e non è solo colpa della pioggia, ma immediatamente il pensiero corre all’incuria dell’uomo… all’uso dissennato del territorio da un lato e alla mancata prevenzione dall’altro lato.
A me non piace essere “generico” nelle accuse… non mi interessa nemmeno unirmi al coro delle critiche.
LA cosa che mi ha colpito, in questa vicenda, è in realtà la constatazione che una buona parte delle cause del dissesto del territorio, oggi, vengono ascritte all’abbandono delle coltivazioni e al lavoro agricolo. Sembra quasi un atto di pentimento… sentivo ieri alla radio il presidente della Regione Liguria… l’abbandono del lavoro agricolo fatto di sudore, di realizzazioni di muretti di terrazzamento, di fatica e intelligenza…. tutto questo è stato abbandonato dopo secoli e secoli di attento e saggio uso del territorio… Tutto questo non c’è più perchè i giovani hanno abbandonato la terra… oggi se ne stanno all’ estero a lavorare o in fabbrica o in quache ufficio… Anche questo è una conseguenza del nostro modello sociale basato sui soldi, la sicurezza del lavoro, il lavoro facile, la soddisfazione di “bisogni” inventati dal mercato…
E sarebbe da chiedersi: ma che politica di aiuto è stata fatta per aiutare i giovani a restare in campagna, che politica di aiuto è stata fatta per incentivare, promuovere e riconoscere il lavoro di quanti si dedicano alla manutenzione dei territorio, dei muri a secco, dei terrazzamenti…. MA questo si sposta anche alla nostra campagna… che attività viene fatta per aiutare i contadini , i giovani, chi vuole trovare una propria dimensione nel lavoro agricolo?
Un momento… esiste un lavoro agricolo fatto di grandi macchine, trattori enormi, concimi, consumo di gasolio stratosferico, grandi appezzamenti di terra, sempre più grandi con lavoro salariato, utilizzo di concimi chimici, diserbanti, antiparassitari, concimi chimici, antiparassitari, concimi, diserbanti… (ma che, ti sei incantato? no, semplicemente sottolineavo la cosa….) e poi abbattimento degli alberi, abbattimento delle fasce arboree. distruzione della biodiversità eccetera.. ecco, dicevo, esiste questa agricoltura che è figlia diretta della nostra epoca e dei valori dominanti, fatta di sfruttamento e di menzogna (sì perchè chi coltiva la terra in questo modo poi va in televisione a parlare, come fa la Barilla, di mulini bianchi, di sapori di una volta, di genuinità) ed esiste, per contro, una agricoltura che non indugia su cazzatine da spot pubblicitario, ma che lotta per resistere all’invadenza della “modernità”. Usa macchine piccole, usa molto la zappa a mano, non ricorre alla chimica di sintesi, cerca di recuperare i semi antichi, cerca di rivitalizzare la terra e di ridarle equilibrio, cerca di mantenere in efficenza in sistema scolante del terreno e via dicendo…
E’ questa l’agricoltura che per secoli ha fatto il nostro territorio, lo ha creato e mantenuto, lo ha reso abitabile e sicuro… negli ultimi cinquant’ anni, invece, il sistema produttivo in agricoltura ha abbandonato le buone pratiche agricole… chi se ne frega, a noi ci bastano i schei…
Ed ecco che si intravvedono le conseguenze di questa politica, di questa visione del mondo che mi pare tanto assurda quanto concettualmente sterile.
Oggi qualcuno piange sull’abbandono della terra. Anche chi, in qualche modo, ha in questi eventi tragici una qualche responsabilità. Ma tra il pianto del coccodrillo e l’effettiva assunzione di una politica responsabile, seria, legata ad un modello diverso che non sia necessariamente tristemente consumista, ma che poggi su una dimensione del rispetto della terra, della natura, di una economia solidale e misurata, senza speculazione e furbizie varie, ce ne passa.
Ma
Cara Donna Gnora,
mi dispiace molto per quanto sta succedendo in Liguria e in Toscana e in tutte quelle aree geografiche dove il dissesto idrogeologico produce danni incalcolabili dopo 4 gocce di pioggia.
Sì, sono 4 gocce di pioggia. In Italia, i veri nubifragi non li abbiamo mai conosciuti! Non siamo mica all’equatore… anche se ci stiamo tropicalizzando anche noi.
Le cause sono sempre le stesse: irrazionale cementificazione e agricoltura basata su logiche industriali, proprio come hai detto tu.
Questo non vuol dire però che i lavori “in fabbrica” o “in ufficio” o “dietro ad un computer” possano essere la concausa di un modus operandi. I lavori lontani dall’agricoltura, sono proprio quelli che, se ben strutturati, possono aiutare a diffondere un modello di agricoltura basata sulle vecchie tecniche e sul rispetto della Natura e del Terreno.
Quindi ben vengano le politiche volte a rivalutare questo settore e ad invogliare i giovani a tornare verso l’agricoltura sostenibile. Ma i lavori del terziario sono sempre una leva importante per costruire uno sviluppo sostenibile e basato su una crescita equa e non dissennata.
Con le alluvioni dei giorni scorsi viene messo a rischio anche un luogo turistico di fama mondiale, che ci rende famosi e ancora leggermente rispettabili…
Forza così che andiamo forte… verso il baratro!
Caro Luca, lungi da me fare una ipotetica contrapposizione tra lavorare in agricoltura e lavorare nel terziario. Non è questo il punto e questo non può essere un discorso “soggettivo” ossia le scelte di un soggetto, chiunque egli sia sono e restano scelte individuali e soggettive. Nel post mi riferisco alle scelte “oggettive” quelle che hanno rilevanza sociale e che fondano le proprie radici in quello che potrebbe essere chiamato il “pensiero dominante”… Basta fare una piccola comparazione tra come viene “reputato” o stimato socialmente il contadino francese o quello tedesco (che a loro volta rivendicano maggiore considerazione) per capire di quanto pesante sia la responsabilità della politica nel declassare l’attività agricola (dalle truffe sulle quote latte alla politica di “agevolazione” e finanziamento dell’agricoltura…
a studiare bene il meccanismo dei contributi in agricoltura si comprende un disegno, come troppo spesso accade in questo povero paese, che punta direttamente al peggio per l’agevolazione di pochi…