Segnalo un interessante articolo apparso su Repubblica che parla di sofisticazione dell’olio di oliva.
L’articolo prende lo spunto dalla polemica innescata dal il New York Times che denuncia il vizietto di un certo spirito italico che ama il facile guadagno frodando il fisco, il consumatore e anche tutti quelli che lavorano con dedizione e coscienza ( e sono molti).. Ma poi a leggere bene l’articolo si apprende anche che questo spirito frodaiolo appartiene soprattutto alle grandi multinazionali che detengono la proprietà di importanti aziende olearie. I nomi li possiamo solo immaginare. Ma, tanto per fare un esempio, Bertolli, Carapelli, Sasso, appartengono ad un unico proprietario spagnolo che si chiama Deoleo S.A.
Dopo la Spagna siamo i secondi produttori di olio e i primi esportatori. Ma anche i primi importatori: un giro di olio che passa dalla Spagna, dalla Turchia, dalla Grecia, arriva in Italia dove pazienti chimici ne migliorano sapore, colore, odore, rettificano l’acidità e lo imbottigliano con il marchio del nostro Belpaese per poi raggiungere ogni dove del Globo. Si calcola che solo il 15% dell’olio che si trova nei supermercati stranieri sia effettivamente italiano.
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